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“L’impegno maggiore che abbiamo dovuto affrontare è stato quello dedicato alla ricostruzione della cantina”. Questo è il commento di chi alla fine novanta ha iniziato il processo di riqualificazione della fattoria Selvanova, diventata ora azienda agricola di carattere e qualità. Nel 1997 la collina di Selvanova si mostrava abbandonata a se stessa, in parte ricoperta di rovi e sottobosco e in parte destinata al pascolo abusivo. Le sue potenzialità restavano sopite, la natura argillosa e calcarea del terreno avrebbe permesso una buona crescita alle viti come era già accaduto nei suoi trascorsi borbonici. La collina infatti rientrava nei possedimenti dei Borbone e la vite cultivar pallagrello, tipica di questa collina, era presente nella loro "vigna del ventaglio", così chiamata per la sua forma. Ad Antonio Buono non restava che affidarsi al proprio istinto e alle proprie conoscenze per dare il via al processo di recupero. La prima fase prevedeva un intervento di pulizia del terreno di risanamento idrogeologico. L'allevamento della pecora laticauda fu indispensabile per ripulire in maniera naturale da sterpaglie ed erbacce, mentre la pulizia dal materiale sassoso fu fatta interamente a mano, senza mezzi meccanici, riutilizzando i grossi massi come ornamento, e lasciando nel terreno le pietre piccole utili al drenaggio. Successivamente furono predisposte le coltivazioni, evitando qualunque intervento invasivo e rispettando il giusto equilibro tra la crescita spontanea della flora, il percorso delle acque e l'intervento umano. La superficie vitata, oggi, è di 13 ettari complessivi, suddivisi in sei sottozone, su terreni dai 120 ai 250 metri sul livello del mare. Si è dovuto seguire un percorso tale da raggiungere il giusto compromesso tra la creazione di una struttura adeguata e la tecnologia necessaria, al fine di ottenere il massimo risultato.

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