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Marchisa

Con una superficie vitata complessiva che arriva a toccare i 25mila ettari, la Calabria è una delle più importanti regioni vitivinicole del sud Italia, che per moltissimi anni, nel recente passato, si è accollata il compito di fornire i vini da taglio destinati ad arricchire le produzioni dei vitivinicoltori operanti più a settentrione, sia italiani che esteri. Questa tendenza, tuttavia, si è recentemente invertita, e per fortuna oggi, grazie soprattutto alla tenacia e alla caparbietà dei vitivinicoltori calabresi, gli sforzi sono maggiormente orientati verso una produzione basata sulle varietà autoctone e in grado di raccontare realmente quella che è l’essenza enologica delle terre calabresi. In questo scenario, sulla costa orientale della Calabria, non molto lontano dalla cittadina di Tropea, in un lembo di terra che corre tra le colline e il mar Jonio, si incontra la realtà vitivinicola de “Marchisa”, come il nome stesso suggerisce appartenente alla Marchesa Isabella Toraldo. Azienda agricola di lungo corso, l’impresa ha ricominciato a strizzare l’occhio alla vitivinicoltura nel 2014, quando ripartendo da una superficie vitata di circa otto ettari, è stato avviato un progetto di recupero di un vecchio vigneto di famiglia allevato ad alberello e lasciato a lungo abbandonato. Da qui si è ripartiti, e sotto la conduzione del giovane grafico romano Renato Marvasi, il vecchio vigneto è ritornano nuovamente in auge, allevato oggi secondo le norme dell’agricoltura biologica certificata, per cui tra i filari è massimo il rispetto di ambiente, natura, ecosistema e biodiversità. Tanto in vigna quanto in cantina, il coordinamento agronomico ed enologico è affidato a Vincenzo Ippolito, ma in generale tutto prende le mosse da una valorizzazione di quelli che sono i vitigni a bacca nera autoctoni, quali malvasia nera, greco nero e magliocco canino. Seguendo con scrupolo e attenzione ogni passaggio produttivo, prende vita in questa maniera quella che è (al momento) l’unica etichetta prodotta dalla cantina “Marchisa”, che risponde al nome di “Natus”, capace di riassumere al meglio la massima qualità enologica che nelle terre calabresi si possa incontrare.