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Vallombrosa

Il Gin è un distillato le cui radici affondano nei Paesi Bassi e che, tra il 1660 e il 1700, si diffuse con velocità in territorio inglese, dove divenne bevanda a tal punto comune che i salari degli operai venivano pagati non solo con denaro, ma anche con un quantitativo di Gin. Oramai, da parecchi anni, questo superalcolico di tendenza ha varcato i confini tradizionali di produzione, situati per lo più in Inghilterra, per essere prodotto in diverse parti del mondo. Una nazione dove non mancano esempi di aziende che hanno intrapreso la strada della distillazione di Gin è sicuramente l’Italia, con decine di etichette che continuano a presentarsi sul mercato. Tra questa moltitudine di bottiglie, a volte piuttosto standardizzate e omologate, in Toscana, spicca una realtà realmente artigianale e quanto mai particolare: si tratta dell’Abbazia di Vallombrosa, costruita nel lontano 1028 da San Giovanni Gualberto, che fondò la congregazione dei Monaci Benedettini di Vallombrosa, riconosciuta poi da Papa Vittore II nel 1055. L’Abbazia fu per secoli centro di ritrovo spirituale, attraversando periodi bui, abbandono e distruzione. Più recentemente, nel 1949, s’iniziò una lunga opera di restauro degli edifici, unita al ripristino di quelle attività quotidiane che da sempre avevano caratterizzato la vita dei monaci, come la preparazione di erbe, liquori e distillati. Tra questi spicca il conosciutissimo Dry Gin, prodotto da un’unica varietà di ginepro monovarietale, che cresce solo tra le zone di Sansepolcro e Pieve Santo Stefano, e seguendo un’antica ricetta, tramandata nei secoli dai monaci. Il responsabile della nascita di questo distillato è oggi Don Roberto Lucidi, che segue passo dopo passo ogni fase dell’intero processo; risultato è un prodotto dal fascino assoluto, equilibrato e fortemente identitario, con elementi botanici tipici di queste zone e un profumo di ginepro che risuona nettamente al naso. Semplicemente, il Gin italiano per eccellenza.