Cos’è il Nobile di Montepulciano e perché è diverso dal Montepulciano d’Abruzzo
Dal sapore ricercato, fruttato al naso con qualche nota floreale, dal profumo di amarena, prugna e viola. Caratterizzato dalla tradizionale tannicità del
Sangiovese e ideale da sorseggiare con tagliate, filetti di Chianina e bistecche, il
Nobile di Montepulciano è uno dei più famosi
vini toscani tanto da essersi meritato la DOCG.
La sua storia è antichissima, se ne hanno tracce sin dai tempi degli Etruschi, il suo nome però può trarre in inganno i meno esperti, che spesso lo confondono con il
Montepulciano d’Abruzzo. Niente di più sbagliato: il primo, prodotto nel territorio di Montepulciano in provincia di Siena, si vinifica da un clone di uve Sangiovese, il secondo invece si produce con il vitigno omonimo coltivato nell’Italia centrale, in particolare in Abruzzo, Marche e Umbria.
Nobile di Montepulciano: origini del nome Protagonista di banchetti di nobili e papi, il nome è storicamente legato al territorio in cui il
vino viene prodotto, l’antico borgo di
Montepulciano nelle campagne senesi a 600 metri sul livello del mare su terreni il cui suolo di sabbia e argilla si presta particolarmente alla coltivazione del
Prugnolo Gentile, come viene denominato l’uvaggio del vitigno Sangiovese tipico di queste zone. È uno dei vini più antichi d’Italia, il bottigliere di Papa Paolo III lo definì “perfectissimo”, ma bisogna aspettare il 1787 per vedere il suo nome, Vino Nobile, citato in alcuni documenti. Era questa la denominazione che contrassegnava 28 fiaschi di questo
vino rosso pregiato consegnati in omaggio al Conservatorio Fiorentino detto il Conventino; poi fino al 1930 il nome ufficiale fu “Vino rosso scelto di Montepulciano”, fino a quando nel 1931 non venne ripreso dal produttore Adamo Fanetti, che aveva l’abitudine di etichettare con l’appellativo di Nobile tutto ciò che produceva.
Disciplinare Nobile di Montepulciano Nel 1980 consegue la D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) diventando il primo rosso italiano a ricevere la prestigiosa fascetta. Perché ci si possa fregiare di questo nome è necessario quindi rispettare alcuni parametri stabiliti dalla disciplinare, come:
- la
zona di produzione, quella limitata al territorio di Montepulciano
l’uvaggio, che deve essere composto da un 70% minimo di Sangiovese (Prugnolo Gentile), a cui si possono aggiungere entro un limite massimo del 30% altri vitigni purché idonei alla coltivazione in Toscana, ad esempio il Canaiolo e il Mammolo
-
un periodo di affinamento di almeno due anni (tre per la riserva): i produttori possono decidere se far invecchiare il vino
per 24 mesi in legno, per
18 mesi in legno e per i restanti
6 in altri recipienti, oppure per
12 mesi in legno, poi
6 mesi in
bottiglia e gli ultimi 6 in altri tipi di contenitori.
L’omonimia con il vitigno Montepulciano d’Abruzzo
A generare confusione è senz’altro l’omonimia, in realtà il Montepulciano d’Abruzzo e il Nobile di Montepulciano non sono lo stesso vino e provengono da vitigni diversi. L’equivoco nasce dal nome che indica sia un’uva che un paese. Il Montepulciano d’Abruzzo è un
vitigno autoctono a bacca nera coltivato soprattutto in Abruzzo, da cui provengono ad esempio il Montepulciano D’Abruzzo DOC (prodotto esclusivamente nelle provincie di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo), o il Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane DOCG, mentre il Nobile di Montepulciano è un vino prodotto nel territorio di Montepulciano e ottenuto dal
Prugnolo Gentile, una varietà di Sangiovese.
A fare chiarezza è lo stesso ufficio italiano brevetti e marchi stabilendo che nel “Vino Nobile di Montepulciano” si identifica l’area di produzione, mentre con la denominazione “Montepulciano d’Abruzzo” ci si riferisce al vitigno utilizzato.