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Sake

Il Sake è una bevanda alcolica tipica della tradizione giapponese ottenuta dalla fermentazione del riso.

In questa sezione della nostra enoteca online troverai in vendita tanti diversi tipi di sake giapponese. La storia del Sake è millenaria, profondamente legata alla cultura del Giappone e a quella del suo alimento più famoso, il riso. Se grazie agli innumerevoli ristoranti nipponici la tradizione culinaria è arrivata in Italia soprattutto sotto forma di Sushi e Sashimi, nell’ultimo periodo anche questa bevanda si sta facendo strada fra gli appassionati del Sol Levante.

In realtà la traduzione italiana della parola Sake indica generalmente una bevanda alcolica, e il termine esatto per identificarlo è Nihon-shu: la fermentazione del Sake avviene grazie a una muffa chiamata Koji‐kin, oltre che al lievito. Gli ingredienti sono tre: l’acqua, il riso e il koji. Non esiste una data precisa che indichi la nascita del Sake e le ipotesi sulle sue origini sono svariate. Per qualcuno la fermentazione del riso sarebbe un’usanza addirittura cinese praticata soprattutto nell’area del Fiume Azzurro a partire dal quinto millennio a.C, per arrivare in Giappone solo successivamente. Secondo altri invece la nascita di questa pratica andrebbe ricercata sì in Cina, ma nella zona del Fiume Giallo e nell’epoca della dinastia Shang dal XVII al XI secolo a.C.

La terza ipotesi è che il sake di riso giapponese sia nato intorno al terzo secolo d.C. in Giappone, inizialmente usato nei templi durante riti e cerimonie religiose sarebbe poi diventato così popolare da istituire un organismo per la sua produzione proprio nel Palazzo Imperiale di Kyoto. Nacquero i birrai di sake che con la loro arte contribuirono a affinare ulteriormente le tecniche per la sua preparazione.

Bisognerà aspettare l'Ottocento però, per poter parlare di produzione vera e propria a fini commerciali, precisamente l'Era Meji (il periodo del Regno Illuminato), quando il governo cominciò ad autorizzare chi ne aveva la possibilità economica, a produrre Sakè. In un solo anno così entrarono in attività trenta mila fabbriche di Sakè giapponese, che però con il passare del tempo subirono una pesante tassazione da parte dello Stato e il numero delle aziende si ridusse a 8 mila. Molte chiusero e in poche sopravvissero, tra queste quella di maggior successo è attiva ancora oggi. Nel corso del Novecento le tecniche di fermentazione del Sake si perfezionarono diventando più sofisticate, fino a quando con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale l’industria del sake subì una battuta d’arresto, soprattutto dopo la decisione del governo di limitare l’uso del riso per la produzione di alcolici e utilizzarlo in gran parte come cibo per l’esercito.

Per lo stesso motivo un decreto permise di aggiungere alla miscela di riso alcol e glucosio, una tecnica che avrebbe permesso una resa quattro volte superiore e che è ancora oggi alla base della produzione di Sake. Con la fine della guerra l’industria si riprese, ma negli anni ’60 la produzione locale iniziò a conoscere l’inizio del declino: con l’avvento sul mercato di nuovi tipi di alcolici, il sake in termini di consumo venne infatti superato dalla birra, al contrario la sua qualità migliorò.

Oggi è diventata una bevanda conosciuta in tutto il mondo con fabbriche ovunque dal Nord e Sud America fino alla Cina, Australia e Sud-est Asiatico, la qualità ha raggiunto il suo apice e se ne distinguono diverse tipologie a seconda del grado di raffinazione del riso e dall’aggiunta o meno di alcol. In generale esistono due macro categorie: Junmai (puro riso), che include i Sake a base di riso, acqua e koji, e Honjozo, che oltre ai tre ingredienti principali prevede l’aggiunta di alcol.

La gradazione alcolica del Sake è di 15-17 gradi, può arrivare anche a 22 ma non deve mai superarli, sia perché la legge giapponese non riconosce come Sake le bevande con un volume di alcol superiore al 22%, sia perché i lieviti usati per la sua produzione iniziano a morire se il volume va oltre questa soglia.

Al contrario di quanto possa sembrare non è un distillato, ma un alcolico che condivide alcuni aspetti del processo di realizzazione con la birra o il whisky, viene infatti fermentato e poi pastorizzato. Dopo essere stato macinato il riso viene cotto, successivamente la farina di riso maltata, posta in grandi recipienti, viene mescolata con acqua calda e lieviti selezionati che provocano la fermentazione. Dopo 20 giorni il liquido ottenuto è filtrato, pastorizzato, imbottigliato e pronto per essere bevuto.

Meglio se sorseggiato a temperatura ambiente, il Sakè giapponese va consumato entro un anno dalla produzione, ma qualche volta può capitare che si aggiunga un ulteriore passaggio e lo si lasci invecchiare in botti di legno; in questo caso risulta più morbido e delicato di quello giovane, ha una vita più lunga e può arrivare a condivide per complessità le stesse caratteristiche dei grandi vini e distillati da meditazione.

Versatile negli abbinamenti, a seconda della tipologia può accompagnare diversi piatti anche della cucina italiana, è spesso utilizzato nella Mixology per creare cocktail originali e a volte lo si trova in alcune variazioni molto curiose come ad esempio il Kikuisami Umeshu, una specie di sake alla prugna, il liquore tradizionale delle case di campagna, prodotto una volta l’anno per le famiglie del luogo, lasciando macerare nel sake le ume, le tipiche prugne giapponesi. Trova la tua tipologia di Sake giapponese preferita in questa selezione.

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