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La Borgogna, regione tra le più affascinanti del mondo: intrisa di storia e tradizioni, di fascino e mistero, tanto da portare i suoi vini ad essere mistici, assoluti, avvolti da una magia quasi incomprensibile.

Qui, più di qualsiasi altra zona al mondo, i viticoltori hanno saputo proiettare nei vini il riflesso di un territorio, in maniera netta, limpida e pulita. Qui, più di ogni altra zona al mondo, i vignerons non hanno la brama di fare un grande vino, quanto piuttosto di ottenere l'immagine perfetta della proiezione della vigna. I vini sono oggi considerati grandi, tanti inarrivabili, eppur il lavoro di queste persone è sempre, unicamente focalizzato nell’espressione massima della parcella su cui lavorano, nel più alto rispetto della natura, della vite e del territorio.

Le prime tracce del vigneto borgognone risalgono al II secolo: probabilmente sono stati i Celti i primi a coltivare la vite in queste zone, precedentemente all’arrivo dei Romani. Il vero e proprio sviluppo della viticoltura della zona si ebbe, tuttavia, per merito delle abbazie, dapprima quella di Saint-Benignus di Digione, poi il monastero di Bèze a Gevrey nel 630 e infine l’abbazia cistercense di Citeaux a Nuits-Saint-George, fondata nel 1098.
Una tappa decisiva nel percorso storico della viticoltura del territorio fu segnata da Filippo l’Ardito, alla fine del 1300, il quale ordina l’espianto del gamay, il vitigno allora predominante, da tutti i vigneti per favorire la coltivazione del pinot nero.
Con la rivoluzione francese, le parcelle vengono espropriate ai nobili e al clero e redistribuite tra la borghesia. Nel 1861, Jules Lavalle tenta la prima zonazione dei vigneti di Borgogna, a cui fece grande riferimento l’Inao nella classificazione dei crus del 1930. Nel 1878 arriva la fillossera, distruggendo interi vigneti della Borgogna, reimpiantati poi a partire dalla fine dell’800, utilizzando dei porta-innesti americani.

Gli attuali vigneti della regione si estendono per un totale di circa 30 mila ettari: le aziende sono di medio-piccole dimensioni, per cui c’è una grossa parcellizzazione del territorio: qui si parla di “cru” anche per vigneti appartenenti a più aziende, a differenza di quanto avviene nella zona di Bordeaux.
Il suolo della Borgogna è di natura calcarea, con una predominanza di gesso nella zona dello Chablis e di marne calcaree e di argilla nella Côte d'Or.
Queste sono le due zone vitivinicole che hanno portato i vini di Borgogna nell’olimpo mondiale e che si spartiscono i 33 grands crus della regione, elaborati a partire da due uniche varietà di uve: il pinot nero e lo chardonnay, vitigni così diversi - l’uno ostico, l’altro malleabile - che pur qui hanno trovato un habitat superiore a ogni altra zona al mondo.

Chablis, con un unico grand cru, si trova nella parte nord-ovest, dove regna unicamente lo chardonnay, e dà vita a bianchi vivaci ed eleganti; la Côte d'Or, con i suoi 32 grands crus, è una lingua di terra che si sviluppa a est della regione, dalla città di Digione verso sud, ed è terra dei grandi ed eleganti rossi da pinot nero e bianchi potenti e longevi da chardonnay. Si tratta di vini che non hanno rivali nelle loro tipologie in nessun’altra parte del mondo.

Le altre zone vitivinicole di minore importanza sono: Auxerrois, nella parte ovest, dove si producono vini rossi e bianchi leggeri; Châtillonnais, piccola zona a nord della Côte d’Or, dove nascono i Crémant, delicati spumanti francesi. A sud della Côte d’Or, invece, si estendono la Côte Chalonnaise (con le Côtes du Couchois), zona di rossi e bianchi semplici, e il Mâconnais, terra di bianchi più rustici da chardonnay, fino ad arrivare alla zona del Beaujolais, la parte più a sud, in comune con la regione Rhône, terra di produzione dell’omonimo vino da macerazione carbonica, a base di gamay. jQuery(function(){ jQuery('div.leggi').expander({ slicePoint: 600, expandText: '(leggi tutto)', userCollapseText: '(leggi meno)', afterExpand: function(){ jQuery(this).find('.details').css('display','inline') }, }); });

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